Giulio Paolini
Paradigma
[…] Così è "Paradigma": un parallelepipedo di lastre di pietra in un’armatura di metallo, in cui si distinguono due parti equivalenti sovrapposte. La parte in basso è chiusa e impenetrabile alla vista, opaca e solida, quella in alto è come esplosa, disseminando i frammenti ovunque, sull’armatura rimastra aperta e trasparente, e nella stanza in cui la scultura è posizionata. La contrapposizione è netta e chiara. Anzi, proprio per questo si noterà meglio che le lastre che compongono le facce della parte bassa sono in realtà un poco scostate dall’armatura, come se stessero dunque implodendo.
Ma non è tutto. Le dimensioni del parallelepipedo, base e altezza, sono quelle della porta della stanza, della soglia meglio, entrata e uscita a seconda della direzione che si prende. Così quel che l’esplosione ha reso visibile all’interno, cioè la sua struttura, possiamo immaginare che anche regga l’implosione della parte bassa. Anzi dobbiamo, perché la presenza chiara di un centro indicato dalle diagonali della parte alta ci lascia intendere che ce ne deve essere un altro nella bassa.
Due centri, una struttura duale, questo è l’evidente paradigma: la divisione, il continuo rimando, il taglio di separazione e di unione, gli spazi invisibili e virtuali – «differenti», potremmo dire con terminologia derridiana da inizi di carriera di Paolini – che tagli e rimandi aprono, dove l’autore e il senso si nascondono, si originano e si autentificano al tempo stesso, trovano cioè «origine e autenticità – se non unicità», come ha ribadito ancora recentemente l’artista. […]
Elio Grazioli